Jeremy Blaustein. Traduzione e adattamento sono un'arte

La curiosa storia dell'adattamento americano di Metal Gear Solid raccontata da chi se ne è occupato in prima persona.

 

Il lavoro necessario alla distribuzione di un’opera fuori dal suo paese di origine comprende diversi compiti. Tra questi, ovviamente, rientrano la traduzione, l’adattamento e il doppiaggio che, se non svolti correttamente possono condurre il pubblico a non innamorarsi di storie e personaggi o, come nel caso di Gualtiero Cannarsi, alle vibranti proteste sul web. Jeremy Blaustein, voice director e traduttore, lo sa bene e ha deciso recentemente di raccontare tramite le pagine di Polygon come sono andate le cose quando Konami gli affidò il compito di adattare Metal Gear Solid ai gusti del pubblico americano.

 

Vi riportiamo qui alcuni degli estratti più interessanti del suo lungo post che potrete leggere integralmente seguendo il link in fondo all’articolo.

“E’ difficile da credere ma quando lo conobbi, Hideo Kojima era quasi sconosciuto in occidente. Era anche molto più magro di adesso. Lo incontrai per la prima volta quando lavoravo nel quartier generale di Konami a Toranomon, Tokyo. Ho lavorato lì dal settembre del 93 al marzo del 95.”

“Il lavoro lo ottenni grazie a mio fratello gemello (Mike Blaustein, ndr) che lavorava per la divisione americana di Konami. Grazie alla mia padronanza del giapponese e ai miei ricordi legati a Contra riuscii a far commuovere il mio intervistatore. Il lavoro, comunque, era molto noioso. A meno che non ci fosse una qualche direttiva da comunicare non si vedevano dipendenti chiacchierare tra loro alla scrivania. Le conversazioni si svolgevano per la maggior parte durante le pause sigaretta. Ero l’unico straniero dell’ufficio e così la divisione di ricerca e sviluppo iniziò a chiedermi di tradurre o addirittura scrivere per loro i testi di alcuni giochi, oppure di provarli e dare una mia opinione in merito.”

“Le cose hanno iniziato a farsi interessanti quando venni convocato a Jinobocho nella sezione R&D dedicata ai giochi SEGA, lì mi chiesero che opinione avessi di Snatcher. Ho lavorato alla versione CD del gioco per due mesi. Ho supervisionato il lavoro svolto da Scott Hards, aggiungendoci anche del mio, e poi mi sono recato a Chicago per dirigere le sessioni di voice acting.”

“Nel 1997 vivevo in Massachusetts e venni a sapere che Hideo Kojima voleva che traducessi il suo prossimo gioco: Metal Gear Solid. Volai a Tokyo e lo incontrai nel suo ufficio dove mi parlò per un po’ del progetto per poi mostrarmi un tavolo sul quale l’ambiente di gioco era stato ricostruito con dei mattoncini Lego. C’è da dire che ancora nel 97 i giochi in 3D non erano la norma, quindi la cosa pareva parecchio eccitante. Si trattava di uno script immenso. Era chiaro che Kojima avesse fatto un gran lavoro di ricerca prima di creare il suo universo narrativo, un mucchio di argomenti sul quale non sapevo nulla. Avevo solo sei mesi di tempo per portare a termine questa sfida.”

“Ho dovuto leggere e rileggere più volte. Informarmi il più possibile tramite dei libri comprati da un ex Navy Seal. Non avevo a disposizione reddit, YouTube, Wikipedia, nemmeno una qualche opera vagamente simile con cui confrontarmi. Era entusiasmante, ma io ne ero terrorizzato.”

“Kojima mi aveva messo a disposizione un VHS contenente tutte le cutscenes del gioco in lingua originale. Ho deciso che la cosa migliore da fare era iniziare a lavorare dalla scena di apertura. Era fondamentale mantenere intatte le sensazioni che Kojima voleva trasmettere ai giocatori e la scena iniziale del gioco avrebbe settato il mood di tutto il resto. Non potevo assolutamente sbagliarla. Sentivo di avere una enorme responasbilità.

“La cosa più difficile è stata far combaciare perfettamente la lunghezza di ogni dialogo e ogni battuta con la controparte originale tenendo a mente sia il fattore lingua – in giapponese le frasi vengono costruite ocn un ordine diverso rispetto all’inglese - sia il montaggio delle varie cutscenes che non poteva essere modificato. Ho proceduto così per tutta la durata del lavoro rileggendo lo script che avevo preparato mentre le scene mi scorrevano davanti in modo da vedere se potevano funzionare.”

 

La verità è che traduzione e adattamento non sono una scienza. Sono un’arte. E’ necessario potersi prendere la libertà di giocare con le parole, catturarne l’essenza e restituire intatto il feeling ad un pubblico completamente differente con un background culturale del tutto diverso. E non si tratta solo delle parole ma del tono generale del racconto. Io non volevo mettere le mie impronte su Metal Gear Solid ma volevo lasciare intatta la firma di Kojima.

 

Il lavoro di Blaustein non è stato però del tutto apprezzato

“A registrazioni ultimate abbiamo fatto avere a Kojima il risultato finale. Ne fu talmente entusiasta da proporre la produzione di Metal Gear Solid: Integral per il mercato internazionale in modo da dare la possibilità di giocarlo con audio inglese e sottotitoli giapponesi e viceversa. Questo avrebbe voluto dire riscrivere nuovamente tutto perché la sottotitolazione deve seguire quasi pedissequamente le parole pronunciate. Chi si è occupato di quella edizione ha notato le mie libertà espressive riportandole ai vertici Konami. Da ciò che ricordo di quei tempi, Kojima arrivò al punto di convincersi che ne avevo usurpato l’autorialità. Personalmente l’ho sentita come una mancanza di apprezzamento nei confronti del mio lavoro, specialmente se pensiamo che io parlo entrambe le lingue, Kojima no.”

“Ci sarebbe da menzionare che operazioni in stile Integral non sono molto comuni nemmeno adesso e che, quando venne siglato l’accordo tra me e Konami non mi venne detto esplicitamente -  ma nemmeno mi fu fatto intuire – che avrei dovuto semplicemente tradurre alla lettera. Questo scherzetto mi è costato alcune collaborazioni future. Non ho più lavorato alla saga.”

“Nonostante ciò, sono soddisfatto del lavoro che ho svolto con quel titolo. So di avere lavorato con onestà intellettuale e avere contribuito per parte mia al successo di una pietra miliare nella storia dei videogame. Vanità? Sì, forse. Ma come diceva Paul Valéry: La traduzione del solo significato è una forma di tradimento. Ed io sento di essere stato fedele.”


Fonte: Polygon


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Roberto "Otacon" Minasi
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Ha provato ad unirsi al circo all'età di 4 anni. Scartato perchè troppo qualificato si è rifugiato nei videogame passando dal SEGA Master System allo Snes al Game Boy per approdare infine al mondo PlayStation. Appassionato di MGS da quando aveva nove anni, adesso gioca a fare il giornalista con scarsi risultati. Dategli un caffè e vi solleverà il mondo.

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