Hideo Kojima: “Volevano che mi ritirassi”

Dopo il ritorno in grande stile sul palco dell’E3 di Los Angeles Hideo Kojima non lesina dichiarazioni. Dopo la prima intervista rilasciata durante il Media Day il game designer ha risposto alle domande poste da Peter Brown (Gamespot) e da Chris Kohler (Wired).

 


 

Peter Brown ha raggiunto Kojima subito dopo la presentazione di Death Stranding lo scorso 16 giugno:

“Sono passati due anni dall’ultima volta che sono stato all’E3 ma è come se ne fossero passati 10. L’anno scorso, a causa di alcune circostanze, non ho potuto esserci ma è bello essere tornati. Sto un po’ invecchiando e i miei familiari volevano che mi ritirassi e iniziassi a fare quello che mi piace. La verità è che mi piace fare videogiochi, mi piace fare qualcosa che mi diverte e condividerlo con i giocatori. Dopo tutto quello che è successo, essere qui mi ha fatto capire che ho fatto la scelta giusta.”

 

L’amore per il proprio lavoro è alla base del successo di Hideo Kojima. Ancora alla penna di Peter Brown, il papà di Metal Gear svela alcuni piccoli retroscena, come la scelta di ingaggiare nuovamente Norman Reedus: “Sono un grande fan di The Walkin Dead (Reedus interpreta Daryl Dixon) e mi è piaciuto anche in The Boondocks Saints (film indipendente del 1999, nda). Quando l’ho conosciuto, alcuni anni fa, ho subito desiderato di lavorare con lui e ho chiesto a Guillermo Del Toro di darmi il suo numero di telefono.”

 


 

Kojima entra nello specifico e cerca di illustrare il lavoro svolto dall’attore statunitense e del rapporto che li lega: “Finora abbiamo realizzato insieme solo un teaser ma se Norman ha un’idea cerco di implementarla. Ho parlato con lui, gli ho spiegato cosa volevo facesse e lui l’ha fatto. Alcuni credono che io sia quel tipo di capo che impartisce ordini senza ascoltare altre opinioni, ma non è assolutamente vero. Mi piace confrontarmi con gli attori, quando uno di loro ha un suggerimento cerco di fare il possibile per creare insieme.”

 

A coloro che lo vedono come un capo dispotico, il game designer risponde: “Credo che l’equivoco derivi dal fatto che inserisco un sacco di dettagli nelle mie opere e la gente pensa che io sia così anche con i miei dipendenti. Sono un maniaco della perfezione, è vero, ma mi rendo conto che questo può essere un ostacolo al processo creativo. A volte vorrei far tutto da solo, il che è impossibile. Quando però lavoro con persone di talento entra in gioco qualcosa di diverso perché le persone hanno vissuto esperienze diverse dalle mie. Le loro abilità arricchiscono il mio lavoro. Se qualcuno ha qualcosa di diverso che può essere implementato nel progetto sarebbe uno spreco scartarlo.”

 

Infine sulle sue abilità registiche si lascia andare ad una battuta: “Da quando sono indipendente ho ricevuto molte offerte come regista di film ma ho resistito alla tentazione. Per ora mi sto concentrando sui videogame.”

 

Chris Kohler (Wired) è invece curioso di scoprire qualche dettaglio in più su Death Stranding sul quale però Kojima tenta di mantenere un alone di mistero: “E’ un teaser, quindi l’unica cosa che posso dirvi è guardatelo. Potete vedere i granchi, le balene, hanno tutti questo cavo all’ombelico. Norman, quando si mette in piedi. Questa connessione è una parte importante, è la parola chiave. Rispetto ai videogiochi di oggi DS vi sembrerà familiare ma, dopo un’ora o due di gioco, inizierete a notare la differenza, proverete qualcosa di nuovo e mai provato prima. La storia riguarderà le connessioni, i fili – per usare un termine psicologico – che legano le persone.”

 


 

Sorge spontanea l’ipotesi che Death Stranding possa essere un multiplayer: “Non è così semplice, si tratta di un sistema del tutto nuovo. Ho preso spunto dalla novella “The Rope” di Kobo Abe, dove l'autore spiega che il primo strumento inventato dall'uomo fu il bastone, usato per tenere lontane le cose spiacevoli. Nei videogame abbiamo tanti equivalenti del bastone: le armi ad esempio. Abe spiega che il genere umano in seguito inventò la corda per tenere vicino ciò che si ama."

 

La parola Stranding scelta per il titolo può avere i due diversi significati di spiaggiamento o connessione: “L’ho usata in entrambi i sensi. Connettere le persone è la base del gameplay. Connettere un personaggio ad un altro. O connettere la vita e la morte.”

 

Death, appunto, è la seconda parola che compone il titolo del nuovo lavoro di Kojima: “Negli arcade-game morire significava inserire un’altra moneta e ricominciare e questo concetto è rimasto invariato negli ultimi 35 anni. La vita e la morte faranno sempre parte di Death Stranding ma in maniera diversa. Voglio dare a questa nozione un significato nuovo.”

 

E quando gli si chiede se gli sia dispiaciuto abbandonare Metal Gear, la saga che l’ha reso famoso, Kojima non ha dubbi: “Quando ero in Konami avevo un mucchio di idee per nuovi giochi ma Metal Gear è sempre stata la priorità. E’ bello dedicarsi a qualcosa di nuovo.”

 


 

Nonostante le dichiarazioni l’alone di mistero non si è ancora dissolto. Di certo Death Stranding porta sulle spalle il peso della firma “a Hideo Kojima game”, una firma che ha abituato il mondo videoludico a grandi innovazioni e speranze che difficilmente, nel corso degli anni, sono state disattese. La data di rilascio, secondo lo stesso Kojima, è ancora molto lontana. Non ci resta che attendere pazienti nuovi sviluppi sui quali vi terremo costantemente aggiornati.


Fonte: Gamespot, Wired


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Roberto "Otacon" Minasi
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Ha provato ad unirsi al circo all'età di 4 anni. Scartato perchè troppo qualificato si è rifugiato nei videogame passando dal SEGA Master System allo Snes al Game Boy per approdare infine al mondo PlayStation. Appassionato di MGS da quando aveva nove anni, adesso gioca a fare il giornalista con scarsi risultati. Dategli un caffè e vi solleverà il mondo.

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