A cura di Francesco Quaranta
Death Stranding è ormai alle porte e, scaduto l’embargo lo scorso 1° novembre, è ormai possibile farsi un’idea più concreta (a scanso di spoilers) di quella che è la natura del titolo che dal prossimo 8 Novembre potremo finalmente provare con mano.
Da quello che ne emerge, e conscendo il suo autore, Death Stranding è senz’altro un titolo complesso, di non facilissima fruizione: lo si era intuito sin dai primi fotogrammi con cui, circa 3 anni fa, fu rivelato al pubblico, e lo si evince ancora di più leggendo e ascoltando pareri e recensioni pubblicate a riguardo.
Un’opera colma di simbolismo e significati impliciti, frutto di un vero e proprio creativo, il cui nome, negli anni, è divenuto sinonimo di un qualcosa di inusuale e affascinante al tempo stesso.
Sotto questo aspetto, Hideo Kojima e Nicolas Winding Refn sono molto simili; dopo gli esordi segnati da opere più “viscerali” e underground come la trilogia di Pusher, la filmografia del regista danese ha assunto, man mano, un’inclinazione più visionaria, divenendo sempre più un pastiche di sottocodici, immagini e colori al neon, e caratterizzata inoltre da personaggi tanto carismatici quanto silenziosi (basti pensare a Ryan Gosling in Drive e soprattutto Solo Dio Perdona, o al personaggio di One Eye, interpretato proprio da Mads Mikkelsen in Valhalla Rising).
I due directors, ospiti di un evento speciale dei BAFTA (British Academy of Film and Television Arts), hanno dunque avuto modo di parlare dell’evoluzione che il mondo dell’intrattenimento sta inevitabilmente subendo, analizzando alcuni degli aspetti che inequivocabilmente collegano il mondo del cinema a quello del medium videoludico.
“The most entertainment is shit”
È abbastanza semplice intuire il significato di questa frase, che Refn utilizza per descrivere quello che per lui rappresenta la maggior parte del materiale di intrattenimento sfornato al giorno d’oggi, e che si allaccia alla sua personale concezione di creatività; essa è infatti fondamentale poiché “può penetrare la nostra mente, o il nostro cuore, in base alla nostra esperienza personale, ed entra a far parte di noi per il resto della nostra vita”, contribuendo a costruire la nostra cultura, ovvero “l’ossigeno, utile per la nostra esistenza”.
Riallacciandosi ad un tema già affrontato da Kojima tempo fa, Refn spiega inoltre come, a suo parere, la creatività sia legata anche al fallimento, e al sentimento e le reazioni che scaturiscono da esso; motivo per cui un’IA non sarà mai in grado di produrre un prodotto originale, intenso e coinvolgente.
Per Kojima, il concetto di creatività è indissolubilmente legato alla complessità che un’opera dovrebbe avere, anche a scapito di non attirare immediatamente una grossa fetta di opinione pubblica:
“Ritengo che la semplicità sia piacevole, ma viene consumata troppo velocemente. È come il cibo: se qualcosa è davvero troppo digeribile (fruibile), va via in fretta; se invece non lo è, esso rimane per un po' di tempo nel vostro corpo. Non sapete bene di cosa si tratti. L'essere umano ha questo sentimento che tendono a persistere: cos’è? Come per un film, quella sensazione continua ad accompagnarvi e vi spinge non solo a guardarlo e riguardarlo, ma anche a parlare con i vostri amici, e a ripensarci ancora. A questo punto iniziate a comprenderne il vero significato, e tutto inizia a prendere forma. Io voglio creare un prodotto del genere”
"Gli stimoli sono necessari per crescere. È proprio quando si conoscono cose che prima si ignoravano che si cresce. Qualsiasi cosa che già conosci, o troppo semplice da digerire, sai già che non ti farà crescere, e la tua mente non si arricchirà. Non sarà un'esperienza. Quindi molte volte preferisco che la gente fruisca di qualcosa di più complesso, ma che al tempo stesso cerco di rendere delizioso."
Molto spesso, però, le ambizioni creative di un autore, sia nel cinema che nel gaming, si scontrano con il business che ruota attorno alla sua opera. Soprattutto nella realizzazione di Death Stranding, Kojima spiega come sia stato molto più prudente che in passato, poiché, se prima un suo errore sarebbe costato il licenziamento dall’azienda in cui lavorava (con riferimento, ovviamente, a Konami), ora potrebbe mettere a rischio la sopravvivenza della sua software house.
L’influenza del Cinema
“Amo i film. Il motivo per cui li guardo è perché voglio sempre essere informato, e voglio imparare costantemente nuove cose. Non voglio morire senza aver conosciuto molte cose del mondo. Se entro in una libreria, pur volendo leggere ogni libro all’interno di essa, non potrei mai farcela, neanche se avessi una vita intera. Con i film impieghi circa 2 ore, e guardandoli puoi viaggiare in ogni parte del mondo, ripercorrere il passato, o andare nel futuro; puoi fare un lavoro diverso, o essere una persona completamente diversa, di genere opposto… Adoro la storia, ma riguarda soprattutto l’esperienza che ne deriva. In quello schermo c’è un mondo che non conosco…”
A differenza di un libro, Kojima ritiene un film “un’esperienza totale”, in grado non solo di raccontare una storia, ma di fornire anche un contesto e una serie di dettagli utili ad allargare le proprie conoscenze del mondo.
Oltre a questo, il director nipponico ritiene i film utili a colmare il senso di solitudine che spesso affligge i creativi come lui; guardando un film, egli ritrova il coraggio per affrontare il suo lavoro.
L’importanza del Cast e gli attori nei videogiochi
La figura dell’attore è fondamentale, e rappresenta “l’estensione del regista”, secondo Refn; egli è infatti “ciò che il regista vuole essere, e ciò che egli intende rappresentare”. Anche per Hideo Kojima è essenziale la scelta dei suoi interpreti.
“Se creassimo qualcosa con fattezze umane, tramite computer graphic, esso assomiglierebbe ad un cartoon. Per farlo, c’è bisogno degli elementi che compongono un umano, come la pelle, i lineamenti. Si realizza dunque lo scan di qualcuno, e si crea un personaggio, spesso anche tramite morphing di quattro o cinque persone… Se voglio creare un personaggio, voglio utilizzare qualcuno che sia eccezionale, che sappia recitare. In questo modo posso creare dei personaggi migliori, più credibili. Per questo motivo penso sia essenziale scritturare anche attori da Hollywood, e credo debba essere normale, per il gaming odierno; come nel cinema, anche nei videogiochi il cast è fondamentale”.
Riguardo l’esperienza personale sul set di Death Stranding, Refn, che nell’opera interpreta il personaggio di Heartman, si è detto estremamente affascinato da ciò che è possibile fare grazie alle nuove tecnologie:
“È qualcosa che io non posso fare, nei film, perché lavoro con gli oggetti fisici… oggetti analogici. Hideo può prendere tutte queste informazioni, può modellarle, e lavorarle come uno scultore, o un pittore. E ciò è molto affascinante da vedere; vedere me stesso divenire parte della mente di Hideo. Egli prende parti di me, come Frankenstein, ed è in grado di aggiungerci elementi che mai avrei potuto immaginare, ed è davvero molto interessante vedere ciò. Penso che sia solo l’inizio di una nuova forma di tecnologia in grado di creare una strada, un nuovo business, in cui attori e attrici non hanno più alcun timore o pregiudizio nei confronti di questo medium, e saranno possibili innumerevoli e nuove opportunità creative”.
Non ci resta dunque che attendere l'ormai vicinissimo 8 Novembre, per cominciare il nostro viaggio verso Ovest, e apprezzare appieno il genio creativo di un autore che, a distanza di anni, continua ad arricchire un medium affascinante come quello videoludico. Restate connessi; It's almost time.
Fonte: BAFTA Games Twitter
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