Il mondo dei videogiochi è in continua evoluzione e così anche il modo di raccontare storie. La maggior parte di queste sono raccontate in solitaria, alla vecchia maniera, ma MGSV mostra (insieme ad altri prima di lui) le potenzialità di vivere tutta l’esperienza con un compagno o sfruttare l’online per veicolare un messaggio ed emozionare.
Mi riferisco al Buddy System e alle FOB: il primo come sappiamo ha permesso al personaggio di Quiet di essere quello che è: l’esperienza in cooperativa è fondamentale per caratterizzarla e darci quel determinato impatto emotivo. Le FOB invece sembravano semplicemente un modo per divertirsi spensieratamente online (senza storia), ma nascondono un inaspettato risvolto narrativo che fa riflettere e dona ulteriore profondità al titolo, mi riferisco al finale segreto delle FOB.
Cooperativa e online dunque possono anche fare da valido mezzo narrativo e queste due componenti sono strettamente legate rispettivamente all’avanzamento tecnologico e alla qualità del servizi online. Infatti, è in questi anni quindi che tale narrativa può raggiungere piena maturità e come ho accennato pocanzi: MGSV non è l’unico ad averci provato.
Innanzitutto, si può dire che l’idea di tutti i giochi di cui parlerò sia partita da uno solo: ICO per PS2 (rimasterizzato in HD sulla 3). Un’avventura dai toni poetici che si basa su un concetto nuovo al tempo: instaurare un forte legame emotivo tra il giocatore, che impersonerà un bambino di nome ICO, e Yorda, la ragazza controllata dall’IA che lo seguirà per tutta l’avventura. Da non sottovalutare il fatto che i due non possono comunicare direttamente perché non parlano la stessa lingua, quindi dovranno farlo con un linguaggio universale: quello dei gesti e delle azioni (indicare, tenersi per mano, chiamarsi a vicenda ecc.). I due dovranno cooperare (risolvendo enigmi ad esempio) per fuggire dal castello dov’è ambientato il gioco, braccati da misteriose ombre al servizio dalla presunta madre della ragazza, che vuole tenere quest’ultima imprigionata tra quelle mura per chissà quale oscuro motivo.
Il fatto di non poter comunicare in modo consueto ha ispirato Hidetaka Miyazaki, il director di Dark Souls e Bloodborne, per la componente online dei suoi giochi. Dark Souls è un action RPG dark medievale dove l’esperienza in single player si interseca in modo perfetto a quella online. Ogni partita di un giocatore è una dimensione che può essere influenzata da altre. Se ad esempio interagiamo con delle macchie di sangue potremo vedere i giocatori morti in quel punto sotto forma di fantasmi, oppure può accadere che la nostra dimensione sarà sfiorata da un’altra e vedremo girovagare il fantasma di un'altra persona che si trova nel nostro stesso punto del gioco. Questa sorta di spiriti potranno anche darci una mano in cooperativa se evocati nel nostro mondo oppure potremo subire l'invasione di spiriti oscuri che ci attaccheranno (Player vs Player), in entrambi i casi non si potrà comunicare attraverso chat vocale, ma solo con gesti prefissati.
Kojima stesso è stato affascinato da questo sistema che l’ha portato a ideare le FOB: anch’esse integrate nell’universo narrativo del gioco. Nei Souls, vi aspetta dunque un viaggio in un mondo decadente, pieno di sfide ardue che volendo potrete alleggerire con la cooperativa.
E a proposito di viaggio: il prossimo gioco di cui parleremo è Journey dei Thatgamecompany (TGC), indie game in 3 dimensioni uscito su PS3 e 4. Jenova Chen, il genio creativo dietro al gioco, ha espresso di voler creare un’avventura dove due giocatori potessero instaurare un rapporto di fiducia reciproca senza preoccuparsi di barriere linguistiche, di abilità, di interfaccia o di altro tipo. In Journey vestiremo i panni di un’enigmatica figura incappucciata che non tradisce niente di sé: neanche se sia uomo o donna. Inizieremo in un misterioso deserto e appena salita la prima duna vedremo una montagna, nostro unico punto di riferimento, sempre presente da seguire. Inizieremo ad esplorare e ben presto troveremo un altro viaggiatore incappucciato, uguale identico al nostro, ma ci accorgeremo che non è controllato dall’IA: infatti è un giocatore come noi. Non ci sono sale di attesa o inviti agli amici, le partite si “uniscono” con una naturalezza degna di un’incontro casuale tra due persone. Non sapremo il nickname del nostro compagno di viaggio, né la sua nazionalità, non potremo comunicare usando una chat vocale o testuale ma solo tramite le nostre azioni e un comando per modulare una specie di cinguettio. Con questo linguaggio dei suoni semplicissimo da usare si potranno far intendere un'infinità di cose (allegria, sorpresa, necessità di aiuto, fretta) a seconda del contesto. Ogni azione da fare è estremamente intuitiva e il gameplay è semplice e minimale.
Il gioco sembra voler impedire ogni possibile pregiudizio sul nostro partner: aspetto, lingua, nazionalità, sesso e anche eccessiva differenza di abilità di gioco. Giocatori timidi o poco bravi potranno trovarsi perfettamente in sintonia con tipi abili ed estroversi e potrete farvi tutta una run con un giapponese senza neanche capire che lo sia. Scoprire l’altro da ciò che fa, può risultare anche più interessante di esplorare queste lande desolate e visivamente maestose. Saremo noi comunque a scegliere se continuare il viaggio con quel giocatore, separarci da lui lasciandolo indietro (dandoci l’opportunità di trovarne un altro), o fare il solitario andando per fatti nostri. È così quindi che si racconta una storia che ci vedrà scoprire a poco a poco ciò che si nasconde in quelle rovine e qual è il nostro ruolo in esse, fino ad arrivare dopo circa due ore di gioco, alla fine del nostro breve ma intenso viaggio: la cima della montagna, dove ci attende l’epilogo e la scoperta dei nickname di tutti i compagni che abbiamo incontrato durante il viaggio.
Concludo segnalando che Dark Souls III uscirà il 12 Aprile da noi e che il prossimo progetto dei TGC dovrebbe riprendere ed evolvere il concept di Journey, anche se purtroppo non sappiamo nient’altro su di esso. Attendiamo quindi fiduciosi e gustiamoci queste nuove esperienze narrative.
Articolo a cura di bigocelot
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